Riconoscimento del traduttore giurato e digitalizzazione delle asseverazioni: firma ora!

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Quando una traduzione deve assumere valore giuridico sul territorio dello Stato, deve essere tradotta e asseverata da un “traduttore ufficiale”. In molti paesi europei il traduttore ufficiale italiano viene chiamato “traduttore giurato”.

In Francia, Spagna, Germania, Austria, Paesi Bassi, Lussemburgo, Belgio, Svezia, Polonia, il traduttore giurato diventa tale dopo aver sostenuto un esame di Stato e/o avere prestato solenne giuramento presso l’Autorità competente che attraverso questo atto lo autorizza. Assume, così, la veste di pubblico ufficiale. In alcuni paesi esiste, altresì, un registro nazionale o una banca dati centralizzata. In ogni caso, il suo status specifico gli consente di essere l’unica autorità a certificare la conformità di una traduzione all’originale e, pertanto, il traduttore giurato assevera apponendo il proprio il timbro e la propria firma in calce al documento.

In Italia, il profilo professionale del “traduttore giurato” non è riconosciuto.

Benché l’interpretazione prevalente sembra porre una equivalenza tra i termini “traduttore ufficiale” e “traduttore giurato” resta il fatto che il profilo professionale e la procedura di asseverazione assumono connotazioni molto diverse rispetto alla maggior parte dei paesi europei con cui l’Italia ha il maggior numero di scambi.

Il legislatore italiano, dopo aver disposto che «agli atti redatti in lingua straniera deve essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata conforme al testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica o consolare, ovvero da un traduttore ufficiale» non si è mai soffermato sulla individuazione dei soggetti abilitati ad essere considerati traduttori ufficiali.

La lettura incrociata di alcune norme suggerisce che tale qualifica sia attribuita ai periti traduttori iscritti agli Albi dei Tribunali quando operano in via stragiudiziale, ma anche ai comuni cittadini.

In particolare, secondo un’interpretazione estensiva del Ministero dell’Interno (Circolare del 15 dicembre 1980) si chiarisce che «Per “traduttori ufficiali” devono intendersi tutti coloro in grado di fornire una traduzione “ufficiale” di un testo straniero, e cioè quei soggetti che, particolarmente competenti in lingue straniere, sono in grado di procedere ad una fedele versione del testo originario fornendo ad essa il crisma della “ufficialità” in forza di una preesistente abilitazione (es. iscrizione agli Albi) o mediante successive procedure (es. giuramento)».

Tale interpretazione, pertanto, consente anche a soggetti che non sono traduttori di professione e, dunque, non specializzati, di effettuare persino la più delicata, sotto il profilo della responsabilità, delle traduzioni.

Per conseguenza il traduttore italiano, chiamato a certificare che la traduzione in lingua italiana sia conforme al testo straniero, di fatto, non assumendo la veste di pubblico ufficiale, deve effettuare la procedura di asseverazione recandosi in Tribunale davanti al cancelliere preposto. Dopo essere stato da questi identificato e aver firmato in sua presenza, il traduttore dovrà recitare, di volta in volta, la formula di giuramento con la quale si assume la responsabilità della traduzione fedele. Il cancelliere è mero testimone del giuramento, ma non entra, in nessun caso, nel merito del contenuto del testo.

Solo alcuni Tribunali con l’emanazione di apposite circolari consentono l’asseverazione esclusivamente ai traduttori iscritti all’Albo del Tribunale oppure ad una associazione di categoria. Nel novero delle “interpretazioni” di tale materia va, infatti, ricordato che esistono parecchie difformità di procedura tra i vari Tribunali italiani il ché produce una realtà a macchia di leopardo. A più forte ragione, le differenze in ambito Europeo di status e procedura creano non pochi problemi a seconda del paese in cui l’atto viene asseverato e, ciò ostacola decisamente la libera circolazione degli atti e dei professionisti.

Tali ostacoli sono stati resi ancora più evidenti durante il lockdown, nel momento in cui gli uffici asseverazioni dei Tribunali hanno chiuso. I traduttori che ben avrebbero potuto continuare a lavorare con i clienti esteri a distanza, come spesso fanno, hanno dovuto sospendere l’attività lavorativa e quindi rinunciare ad una fonte di reddito, cosa che non si sarebbe verificata se solo avessero avuto la facoltà di apporre il proprio timbro e firma (siano essi reali o digitali) in calce al documento per attestare la conformità della traduzione.

Inoltre, la procedura di asseverazione pone oggi una criticità legata all’uso del cartaceo. Particolare problema comporta, giusto per citare un solo esempio, la traduzione dei bilanci delle società che, una volta asseverati, devono essere depositati telematicamente alle Camere di Commercio, così come la trasmissione degli atti nel processo civile telematico. Poiché farlo senza scompaginare il plico risulta complicato, una procedura di asseverazione digitale renderebbe certamente più semplici tali operazioni. Infine, l’ampliamento della digitalizzazione a un numero sempre maggiore di settori (da ultimo il processo penale telematico di prossima implementazione), uffici e adempimenti, costituisce un iter ormai irreversibile che non può e non deve escludere la procedura di asseverazione.

Tutto ciò premesso, ANITI – Associazione Nazionale Italiana Traduttori e Interpreti, ritenendo la questione di estrema urgenza e attualità,

CHIEDE

  • il riconoscimento del profilo professionale del traduttore giurato
  • la conseguente possibilità di dare valore legale alle traduzioni apponendo il proprio timbro e firma

e/o

  • l’implementazione di procedure di asseverazione digitali certificate ma snelle

Per una prospettazione dettagliata e completa dei riferimenti normativi e delle proposte di riforma ipotizzate, restiamo a disposizione per un eventuale futuro colloquio o contatto.

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