Parlare in inglese: gli errori più comuni

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L’inglese è tra le lingue più parlate al mondo, e oggi viene appresa già in tenera età in Italia come prima lingua straniera. Sia nella fase dell’apprendimento dell’inglese che nel confrontarsi con un madrelingua, anche i più bravi possono però commettere degli errori che accomunano più o meno tutti i fruitori della lingua.

Gli errori principali nel parlare l’inglese sono spesso rappresentati dai false friends, ossia da parole e locuzioni molto simili all’italiano che inducono nell’errore della traduzione letterale – quando, invece, rivestono tutt’altro significato.

Esempi comuni di false friends sono parents, che indica esclusivamente i genitori e non, più in generale, i parenti (“relatives”), library, da tradurre come “biblioteca” e non come “libreria” (“book shop”) e comics, con cui non si fa riferimento ai comici, bensì ai fumetti.

Un altro problema che spesso incontra chi traduce dall’inglese all’italiano è quello di voler mantenere la traduzione letterale dando un significato totalmente diverso alla frase. È ad esempio il caso di “I can’t wait”, che non vuol dire “non posso aspettare” ma “non vedo l’ora”.

Questo tipo di ostacolo si supera facilmente quando si smette di pensare in italiano. E’ proprio così: inglese e italiano sono due lingue totalmente diverse, una di discendenza germanica e una romanza, e non vi è compatibilità tra i loro costrutti. Per questo è scorretto tradurre tutto dall’italiano all’inglese, quando si dovrebbe invece pensare – e parlare – direttamente in inglese.

La grammatica è un’altra causa di errore comune, specialmente per due differenze sostanziali con l’italiano: l’obbligatorietà del soggetto, da esprimere sempre in inglese, e l’uso dell’ausiliare “do” sia nelle domande che nelle negazioni.

Infine, segnaliamo questo errore molto comune: la parola stage, pronunciata “steig”, non è una parola inglese, bensì francese. Il tirocinio viene riportato in inglese come “internship”, quindi, qualora si volesse utilizzare la parola “stage”, va pronunciata nella maniera francese corretta, con la “e” muta e la “g” morbida alla fine.

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Aniti